mercoledì 13 gennaio 2010

IMMIGRAZIONE E COMMERCIO DI UOMINI: LA STORIA SI RIPETE?

L'ACCORDO "UOMO - CARBONE" DEL 1946, TRA ITALIA E BELGIO



In Italia, in quegli anni, le risorse di carbone erano agli sgoccioli, le potenze vincitrici lo lesinavano agli sconfitti e la nostra produzione era pressoché nulla. Il misero recupero nel porto di Messina di un carico affondato durante la guerra era già tanto. In Italia vi era molta manodopera e pochissime risorse, in Belgio la situazione era l’opposto. Nel ‘46 infatti i belgi, ricchi di carbone, non volevano fare il lavoro del minatore perché erano coscienti dei pericoli del lavoro in miniera, tra cui malattie come la silicosi. Il governo belga quindi decise di importare manodopera dall’estero, e molti furono gli italiani a partire in cerca di fortuna: “imparate le lingue e andate all’estero” diceva De Gasperi quando gli veniva prospettato il problema della disoccupazione.


Erano anni difficili per l’Italia, uscita distrutta dalla guerra. L’emigrazione era un modo per “esportare” i poveri.

 
Il Primo Ministro belga Van Hacker, alla fine del conflitto lanciò la “battaglia del carbone”, riuscì quindi a promuovere una convenzione con De Gasperi (con il benestare di Togliatti e Nenni), e il 23 giugno del 1946 venne firmato l’accordo che prevedeva l’acquisto di carbone a fronte dell’impegno italiano di mandare 50.000 uomini da utilizzare nel lavoro di miniera. Non meno di duemila uomini a settimana, centomila alla fine dell’anno. Nell’accordo erano previsti un corso di formazione e la garanzia di un alloggio.


E così tra il ‘46 e il ‘57 arrivarono in Belgio 140mila uomini, 17mila donne e 29mila bambini. “I musi neri”, com’erano chiamati i lavoratori a causa della polvere di carbone che ricopriva i loro corpi, venivano avviati a un lavoro pericolosissimo, privi di ogni preparazione e alloggiati in strutture fatiscenti. Trattati come bestie, erano costretti a lavorare in cunicoli alti appena 50 centimetri. Firmato l’accordo “uomo-carbone”, nei comuni italiani iniziarono a comparire dei manifesti che informavano della possibilità di questo lavoro e in cui c’era scritto che un franco belga equivaleva a 12 lire italiane. Ma per quanto riguarda le mansioni effettive, diceva molto poco.

Secondo l’accordo tutti i minatori in partenza dovevano confluire a Milano dove i medici avrebbero fatto dei controlli di tipo militare. Molti provenivano dalla Calabria alla ricerca di una vita migliore. Il viaggio in treno verso il Belgio durava tre giorni e tre notti. Non c’erano vagoni degni di tale nome, né servizi igienici, molti si sentivano come se stessero viaggiando in un carro bestiame.


Uno dei testimoni racconta che, arrivati a Charleroi, vennero portati in una caserma con dei camion, dove rimasero in piedi per molte ore, senza nemmeno teli di protezione dal freddo, ed era pieno inverno. Poi furono fatti entrare in uno stanzone di una caserma di gendarmeria: erano in 600 e vennero disinfettati, uno per uno. “

Tratto da: La Storia siamo noi - Marcinelle
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“Iniziò nel 1946 l’esodo degli italiani verso queste terre del centro Europa, a seguito della sottoscrizione dell’accordo Italia-Belgio che prevedeva l’invio di migliaia di nostri connazionali per lavorare nelle miniere. L’accordo, tristemente denominato "uomo-carbone", portava nelle miniere belghe braccia italiane e, in cambio, garantiva alla Patria proprio quel carbone estratto con indescrivibile fatica e sofferenza dagli emigrati. I quali dovevano avere "un’età ancor giovane (35 anni al massimo) e un buono stato di salute". Per loro, un contratto di 12 mesi, "una pala, una piccozza, un casco, una lampada, e via verso l’oscurità", come ricordò il Ministro Tremaglia, nella ricorrenza dei 40 anni della tragedia.


Il Governo italiano si era impegnato ad inviare migliaia di minatori ogni settimana nei cinque bacini carboniferi belgi, e per ogni emigrato che andava in Belgio, l’Italia avrebbe ricevuto 200 chili di carbone al giorno.”


Tratto da: www2.regione.veneto.it
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E’ illecito pensare che gli italiani mandati in Belgio sono stati oggetto di un offset? Manodopera con poche pretese socio economiche contro soddisfacimento dell’esigenza Belga di tale manodopera e italiana per le materie prime necessarie alla ricostruzione dell’industria pubblica e privata e del Paese stesso; la stessa industria pubblica di cui l’Italia nel corso degli anni è stata derubata.

ARCHIVIO BLOG L'IRREQUIETO - 05/11/2007